a cura di Francesco Rocco Rossi
Nella seconda metà del XV sec. la musica sacra, a differenza di quella profana, afferiva a una dimensione speculativa di matrice tardo-medievale. Per questo motivo il coinvolgimento imposto dai mottetti e dalle messe non si limitava al mero dato sensoriale e, anzi, verteva soprattutto sullo spessore semantico confinato, però, a una serie di simbologie quasi esoteriche e non percepibili all’ascolto: numerologia, sezione aurea oppure, ancora, canoni enigmatici. Tutte queste importanti e affascinanti componenti servivano, quindi, per veicolare i messaggi del testo liturgico sebbene non a livello uditivo bensì intellettualistico. Ma non è tutto! Spesso, inoltre, questi simboli si coniugavano con significati estranei all’ambito del sacro generando una complessa stratificazione semantica (l’esempio più evidente è dato dalle messe L’homme armé). Sul finire del Quattrocento, però, le cose iniziarono a cambiare facendo uscire allo scoperto tutto questo complesso di simboli e spostandoli sempre di più nell’ambito della dimensione uditiva: i messaggi delle grandi architetture sonore di fine secolo iniziarono a essere veramente percepiti all’ascolto. Grande protagonista in questa importantissima ‘rivoluzione’ fu Josquin Desprez che seppe cogliere le suggestioni della ‘modernità’ dell’epoca.
Ingresso libero
E’ obbligatoria la prenotazione